SEDOTTIeABBANDONATI

“Abitare” per un solo giorno quel luogo abbandonato è stata un’esperienza emozionante. Mi sono sentita come quando si varca la soglia di uno spazio sacro, che quasi impone un atteggiamento di riverenza e venerazione. Con rispetto e attenzione ho attraversato la porta d’entrata e silenziosamente ho iniziato ad osservare quegli spazi, provando ad immaginare chi fossero le persone che un tempo li abitavano e li attraversavano. Accanto ad alcune porte d’ingresso un’etichetta indicava la loro originaria destinazione d’uso, come “sala delle tisane”; ho visto macerie, resti di brande ospedaliere e arredi di vario genere.
Ogni odore, ogni sensazione, ogni anima che avvertivo mi portava verso mondi dimenticati e intrecciati con la storia.
Una grande scalinata al centro dell’ingresso principale conduceva alle zone più alte e illuminate; mentre salivo verso l’alto, mi sentivo avvolta da una sensazione di meraviglia crescente, alimentata dallo stupore di trovarmi lì, nel cuore di un luogo dimenticato dalla civiltà ma ancora, in qualche modo, ricco di vita propria.
Attraverso la mia interpretazione danzata ho cercato di dare forma alle mie sensazioni: ogni crepa nelle pareti raccontava una storia, ogni pezzo di mobilio abbandonato costituiva un capitolo di una narrazione silenziosa ma potente. Lasciandomi guidare da qualcosa di invisibile ma nello stesso tempo così tangibile, mi sono lasciata andare senza pensieri a una danza che definirei di “apertura”, un’iniziazione verso una nuova vita per quel luogo, dove l’abbandono e l’immobilità degli oggetti rotti erano testimonianza di una bellezza malinconica e indelebile. Osservare le porte a terra, i muri corrosi dal tempo e dal freddo, è stato come leggere un libro antico, pieno di segreti e misteri, nel quale ogni nuova pagina suscita un brivido di emozione e scoperta.”

Il progetto SEDOTTIeABBANDONATI si pone come obiettivi primari generare un interesse per il tema degli edifici abbandonati e indurre una riflessione su un fenomeno molto discusso nel nostro Paese, ma non ancora completamente riconosciuto: la presenza massiccia sul territorio di edifici e infrastrutture la cui realizzazione non si è mai conclusa oppure, se conclusa, è stata poi abbandonata.

La dimensione del fenomeno, l’estensione territoriale (anche in Provincia di Trento) e le incredibili peculiarità architettoniche delle opere innescano solitamente tre tipi di atteggiamento sociale: indifferenza (ci si abitua fino a non accorgersene più, passano inosservate allo sguardo), sterile critica fine a se stessa (strumentalizzata spesso per fini personali e politici, ma mai attiva nel proporre soluzioni) o romantica monumentalizzazione (alcuni oggetti architettonici diventano mausolei abbandonati a cui nessuno osa avvicinarsi più, in nome di una santificazione a volte giustificata, altre volte meno). Tutto questo genera stasi e perpetua un dolore.

Da qui l’intento di affrontare un rituale laico per riuscire a fare pace con questa ferita del territorio, darle identità e dignità per renderla motrice di un confronto creativo sul possibile futuro degli edifici in questione. L’idea è di aprire gli occhi su queste “rovine moderne” che sono allo stesso tempo segno di degrado e opere d’arte, resti archeologici che rappresentano una certa decadenza, ma che allo stesso tempo sono oggetti interessanti dal punto di vista estetico.

approfondisci il progetto su www.sedottieabbandonati.com

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